Una nuova icona per Mondovì

Una nuova icona per Mondovì
Novembre 8, 2018 Cesare Morandini

 

Martedì 6 novembre, i restauratori della ditta Nicola d’Aramengo salgono sui ponteggi con i loro bisturi ed i loro martellini e iniziano a grattare via i tre strati di calce che coprono gli affreschi. Cosa ci sia sotto il bianco dell’abside nessuno lo sa. I lavori sono finanziati dalla Fondazione CRC. L’altare restaurato con i fondi messi a disposizione dal Rotary Club di Mondovì è stato impacchettato coma un regalo di Natale, per evitare danni al bel lavoro già compiuto. E’ sicuramente il momento più importante di tutto il lavoro attorno alla cappella. Un viaggio a ritroso nel tempo, una restituzione. E’ la ragione per cui da tre anni lavoriamo: togliere quella patina di tempo e scoprire cosa c’è sotto. Mondovì non è immobile come spesso appare: noi, ad esempio,  ci muoviamo. La Sovrintendenza ci ha chiesto di non rendere pubbliche queste fasi in streaming, che comunque la webcam riprende e custodisce, e metterà a disposizione in un secondo tempo. E’ questione di poche ore: sotto i colpetti leggeri del martellino compaiono una grande madonna con il manto aperto e dallo sguardo diretto, con due angeli ai lati. Ha il viso severo, arcaico, antico. Porta una corona sul capo. Compare poi un bel fregio sull’arcone. Ci vorranno ancora settimane per avere tutto il ciclo dell’abside scoperto. Ma già la meraviglia è tanta. Tutto torna: nella cappella che ospitò la tomba del primo patrono di Mondovì, non poteva che esserci un’icona a protezione della città e dei Monregalesi. Un piccolo duomo prima che Mondovì fosse una Diocesi, e prima che a San Bernolfo venisse affiancato il san Donato di Arezzo. Prima che fosse costruito un duomo rinascimentale in Cittadella, prima che la Vergine di Vico diventasse l’icona del Mondovì moderno, icona identitaria di una resistenza sconfitta. Prima di tutto questo, già la Vergine era stabilita a protezione degli uomini del Monte, con il suo mantello. E’ un nuovo tassello, inedito, alla storia della città.  Il lavoro è ancora molto: dopo la descialbatura, il fissaggio e il restauro vero e proprio ci saranno altre pareti da scoprire e altri lavori da fare e da finanziare, e tutto ciò che permetterà di rendere fruibile e viva San Bernolfo. Ma sappiano i Monregalesi che da oggi nella loro già bella città c’è un nuovo gioiello, una nuova/antica bellezza da esplorare e da interrogare, un altro pezzo di Medioevo di cui andare fieri e di sui sentirsi figli.

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