Un evento importante per San Bernolfo: si riparte ! Sabato 15 aprile, al pomeriggio, si aprono al mondo i nuovi affreschi rispuntati da sotto la calce dell’abside, dopo i restauri: una trecentesca Madonna di Misericordia incoronata (la prima Regina Montis Regalis, possiamo dirlo ?), santi mantellati, fregi, evangelisti… appuntamento con il soprintendente, che ce ne svelerà i segreti, con il film di Remo Schellino che ci racconterà cinque anni di lavori, e con …gli affreschi, ad ingresso ovviamente libero. A sabato 15 !
Dopo il lavoro di consolidamento e di restauro dell’altare in muratura, la ditta Nicola d’Aramengo affronta la pala d’altare a retablo che lo sovrasta. Sono molti i misteri del manufatto: o prelevato da una parete, o dipinto per l’occasione su di una nuova vela di mattoni e calce, che nasconde in parte gli affreschi retrostanti e che poggia sul primitivo altare ed impone il suo allargamento. Dopo una pulitura accurata della superficie pittorica, viene effettuata una delicata e impercettibile integrazione delle lacune. L’affresco, che non ha perso in nulla la sua patina di antico, rivela particolari prima nascosti, come la parte in alto a destra dell’Annunciazione, che si rivela incompiuta e solo abbozzata. I tratti della Madonna splendono di una grazia rinnovata.
Due altari successivi, l’uno probabilmente coevo alla costruzione della cappella (fine Duecento), il secondo quattrocentesco, che si inglobano l’uno nell’altro, rispettandosi. Hanno due finti paliotti ad affresco, diversi, riccamente decorati. Con i secoli la loro coerenza mostra i segni del tempo… Sarebbe giusto decidere per l’uno o per l’altro ? Farne perire uno a vantaggio dell’altro ? Il tempo ci restituisce questa immagine composita, che i restauratori non possono che fissare e mettere in evidenza. La prima fase è quella della ricompattazione, con paste stuccanti, della struttura. La seconda è quella, delicata, dell’integrazione delle lacune, con la sapienza del pennello e della tempera.
Martedì 6 novembre, i restauratori della ditta Nicola d’Aramengo salgono sui ponteggi con i loro bisturi ed i loro martellini e iniziano a grattare via i tre strati di calce che coprono gli affreschi. Cosa ci sia sotto il bianco dell’abside nessuno lo sa. I lavori sono finanziati dalla Fondazione CRC. L’altare restaurato con i fondi messi a disposizione dal Rotary Club di Mondovì è stato impacchettato coma un regalo di Natale, per evitare danni al bel lavoro già compiuto. E’ sicuramente il momento più importante di tutto il lavoro attorno alla cappella. Un viaggio a ritroso nel tempo, una restituzione. E’ la ragione per cui da tre anni lavoriamo: togliere quella patina di tempo e scoprire cosa c’è sotto. Mondovì non è immobile come spesso appare: noi, ad esempio, ci muoviamo. La Sovrintendenza ci ha chiesto di non rendere pubbliche queste fasi in streaming, che comunque la webcam riprende e custodisce, e metterà a disposizione in un secondo tempo. E’ questione di poche ore: sotto i colpetti leggeri del martellino compaiono una grande madonna con il manto aperto e dallo sguardo diretto, con due angeli ai lati. Ha il viso severo, arcaico, antico. Porta una corona sul capo. Compare poi un bel fregio sull’arcone. Ci vorranno ancora settimane per avere tutto il ciclo dell’abside scoperto. Ma già la meraviglia è tanta. Tutto torna: nella cappella che ospitò la tomba del primo patrono di Mondovì, non poteva che esserci un’icona a protezione della città e dei Monregalesi. Un piccolo duomo prima che Mondovì fosse una Diocesi, e prima che a San Bernolfo venisse affiancato il san Donato di Arezzo. Prima che fosse costruito un duomo rinascimentale in Cittadella, prima che la Vergine di Vico diventasse l’icona del Mondovì moderno, icona identitaria di una resistenza sconfitta. Prima di tutto questo, già la Vergine era stabilita a protezione degli uomini del Monte, con il suo mantello. E’ un nuovo tassello, inedito, alla storia della città. Il lavoro è ancora molto: dopo la descialbatura, il fissaggio e il restauro vero e proprio ci saranno altre pareti da scoprire e altri lavori da fare e da finanziare, e tutto ciò che permetterà di rendere fruibile e viva San Bernolfo. Ma sappiano i Monregalesi che da oggi nella loro già bella città c’è un nuovo gioiello, una nuova/antica bellezza da esplorare e da interrogare, un altro pezzo di Medioevo di cui andare fieri e di sui sentirsi figli.
Il 4 ottobre 2018, festa di San Francesco (ritratto sulla facciata della nostra cappella) iniziano i restauri del gioiello della cappella. Sotto la cura della restauratrice il curioso altare, costruito in due tempi successivi tra i secoli XIV e XV e ricoperto da due diversi “paliotti” dipinti, con il suo retablo quattrocentesco ad affresco. Qui stanno le immagini più note e affascinanti : la graziosa madonna con il bambino, affiancata dai santi Bernolfo e Donato e sormontata dal’icona del “Cristo malinconico”: raffigurazione di origine nordeuropea, su cui Giovanna Galante Garrone ha speso parole illuminanti nel volume “Sguardi su San Bernolfo” uscito l’anno scorso a cura del Centro Studi Monregalesi. Il restauro conservativo, che avviene di concerto con la Soprintendenza ai beni artistici del Piemonte, è stato affidato alla ditta Alessandro Nicola D’Aramengo. Doveroso il ringraziamento del comitato San Bernolfo e di tutti gli appassionati d’arte monregalese a chi ha reso possibile l’intervento con una donazione consistente, il Rotary Club di Mondovì. Allo stesso modo va ringraziata la Fondazione del Credito cooperativo di Pianfei e Roccadebaldi – Verde Blu onlus, che ha da parte sua finanziato generosamente i lavori sotto il pronao esterno quattrocentesco dell’attuale porta d’ingresso. Non appena giungerà l’autorizzazione della Soprintendenza, infatti, partirà il restauro dell’affresco della Madonna di Vico, che sovrasta la porta, e che contiene una rappresentazione monocroma della cappella stessa molto interessante sotto il profilo storico, dal momento che vi compaiono edifici ora scomparsi. I lavori sono delicati ed intriganti, per la zona su cui si trova l’affresco (forse sede di un antico altare esterno): verrà saggiata l’esistenza di decorazioni sottostanti e liberate porzioni del fregio attorno all’ovale ancora sotto calce. Sono stati affidati alla ditta monregalese Compagnia del Restauro.
associazioni promotrici: Centro Studi Monregalesi, Comitato “san Bernolfo” e Centro di lettura e cultura “Franca e Mario Gasco” della Parrocchia di Santa Maria Maggiore di Mondovì
L’abside è la parte più antica della cappella, certamente trecentesca. Il lavoro per la sostituzione della sua copertura ha richiesto un lavoro assai delicato. Infatti la sua sagoma è risultata irregolare, e i travetti originari seguivano passo per passo proprio la sua irregolarità. Come comportarsi quindi, se non, una volta levati i coppi, fabbricare dei listelli nuovi della stessa misura di quelli tolti, con un paziente lavoro di falegnameria?
Il campaniletto ha richiesto attenzioni particolari. Costruito negli anni Trenta del secolo XX, riprende nelle decorazioni, in modo elegante, i capitelli del quadriportico quattrocentesco. Regge una campana in bronzo datata 1933. E’ stata smontata la sua copertura in rame, ormai inutilizzabile, lasciando a nudo la struttura in legno. Questa è stata sostituita da un’altra, costruita a mano e delle stesse dimensioni. E’ stata infine posizionata una nuova copertura ramata. Con il tempo acquisterà anch’essa la colorazione verdastra della precedente.